Tre storie di Italiani

I wrote this last year and it’s incredibly relevant also today. As an immigrant I often dream of going back ‘home’ to Italy while at the same time Italy’s current status saddens me hugely.

Da immigrata che non vive in Italia mi unisco al rumore e all’inchiostro di questi giorni raccontando tre storie.

* Sasha è il carpentiere che sta cambiando le porte del mio appartamento. L’ho incontrato per la prima volta venerdì a casa da me, silenzioso lavorava ad una porta mentre io parlavo con gli altri muratori. Dopo un po’ che mi guardava mentre ero lì in giro mi ha chiesto di dove fossi. Qualcosa nei suoi occhi mi ha fatto pensare che lo sapesse già ‘Guess’ gli ho risposto io, indovina. Lui sicuro mi dice in Italiano ‘Tu sei Italiana’. YaY risposta esatta! Mi racconta allora che lui è vissuto a Perugia per 13 anni, viene dalla Moldova e a lui l’Italia ‘piace da morire’, l’Italia è bellissima mi dice ‘la gente in Italia è eccezionale’, tutti l’hanno sempre trattato benissimo, si stava bene, poi nel 2011 c’è stata la crisi e allora non hanno iniziato a pagarlo più regolarmente, ‘mi hanno sempre pagato tutto alla fine’ ci tiene a specificare ‘pero’ sai magari ogni due o tre mesi’ e allora alla fine è venuto qua. ‘Ma come vita in Italia… è bellissimo’ Mi chiede se studio (God bless him), di dove sono, guardiamo insieme su google maps dove è la Moldova perché ahimè non lo so, tra la Romania e all’Ucraina, lui quindi parla Russo ma è portato per le lingue e parla benissimo l’Italiano, mi chiede cosa faccio ‘Ma tu perché sei qui?’ vuole sapere, ‘Tu sei Italiana, perché sei qui?’. Nei suoi occhi l’amore e la nostalgia per l’Italia sono palpabili. Mi racconta che in Italia andava al mare, che aveva tanti amici e qui si sente come un robot, che si alza la mattina lavora, va in palestra e torna a casa e gli inglesi sono un po’ strani. Sfodero il mio ottimismo per dirgli che in 50min si va a Brighton da qui, non c’è mai stato, certo l’acqua è freddina ma è pur sempre mare e si vede il fondo lo rassicuro. Non convinto affatto Sasha mi dice che lo posso chiamare Alessandro. Poi mi aiuta e traduce la miriade di domande che ho per gli altri muratori che sono tutti polacchi con cui non sempre riesco a comunicare. Grazie gli dico io ‘sai non è sempre facile farsi capire’ ‘ma figurati’ mi risponde.

* Purtroppo non ricordo il suo nome, l’ho incontrato da Tayyabs, ristorante leggendario di East London Indiano con cucina Punjab. Io ero al tavolo con degli amici Italiani, uno di loro con una compagna straniera quindi parliamo in Inglese, lui è il nostro cameriere e durante tutta la cena non è che si sforzi molto nell’aiutarci a capire il menù che non conosciamo, insomma l’agnello vecchio è l’agnello vecchio e questa altra cosa meglio se la lasciamo perdere. Ora del conto gli chiedo di dove sia perché a me pare ovvio che non assomigli agli altri camerieri e forse non è del Punjab. No ci dice che lui è nato in Sri Lanka ma è Italiano. Allora ci palesiamo ‘Anche noi siamo Italiani’ ‘No siete Italiani ma me lo dovevate dire prima!’. Per prima cosa ci porta delle lattine di birra (Tayyabs è un ristorante in cui non servono alcolici ma chi va se lo può portare da casa – ovviamente Sasha aveva ragione che gli inglesi sono strani). D’un tratto si anima, è come se da stanco cameriere con 20 tavoli da servire in un casino pazzesco ritrovi nuova energia e ci racconta. Lui ha vissuto a Brescia 17 anni, suo fratello vive a Milano, suo cucino a Bergamo, noi siamo di Milano gli diciamo. Praticamente siamo come la sua famiglia. Lui certo è nato in India ma è e si sente Italiano. Si sta così bene in Italia, ci racconta di quanto e come lui si sente Italiano e di dove ora abita tutta la sua famiglia, lui è venuto qui perché c’è più lavoro. Quasi fatichiamo a salutarlo e ad andare via mentre ci porta altre birre e si rammarica con sincerità di non aver saputo prima che eravamo Italiani anche noi.

* Maria è seduta da Mike’s il café dove andiamo a fare colazione su Portobello Road, ieri, domenica. Per la prima volta in vita mia arrivo 10min in anticipo rispetto agli altri e aspetto un tavolo. Maria è seduta da sola accanto alla finestra aperta e beve un cappuccino gigante in una tazza simile a quelle dove mio nonno beveva il latte ogni mattina. Di tavoli liberi ce ne sono tanti ma a me piace quello perché oggi fa caldo anche a Londra. Maria si accorge di me, chiede il conto e mi dice che sta per andare, allora mi siedo e iniziamo a parlare. E’ Inglese e veniva da Mike’s da giovane con i suoi amici, anche io le dico, ora veniamo molto meno ma li sto aspettando. Maria mi chiede di dove sono e si stupisce quando dico Italiana, non ho l’accento Italiano secondo lei. Mi chiede di dove, di Milano, e mi racconta che sua mamma è Calabrese e suo padre è Siciliano. Anche i miei. Ci diciamo di dove. Maria allora mi chiede se parlo il Siciliano, ‘insomma’ dico io ‘lo capisco abbastanza bene ma quando lo parlo faccio ridere perché sono nata e cresciuta a Milano’. Maria ci rimane malissimo. Mi chiede cosa parlavano i miei genitori quando ero piccola, le dico l’Italiano con qualche parola o espressione Siciliana quando serviva. Questa cosa la stupisce molto. Lei mi racconta è nata in UK e ha sempre vissuto in UK ma si sente Siciliana, quando qualcuno le chiede di dove è lei dice Siciliana. Parla Siciliano e da grande con fatica poi in tanti viaggi ha cercato di imparare l’Italiano. Le spiego che sì l’Italia è fatta così e che anche io mi sento Siciliana negli affetti e nella famiglia e se potessi mangerei pasta alla norma una volta al giorno ma di mio sono di Milano e a Milano parliamo un brutto Italiano con le vocali aperte e diciamo cose che i Siciliani in Sicilia trovano molto buffe. Ride. Mi racconta della sua famiglia e con quanto orgoglio l’hanno cresciuta Siciliana e quanto orgoglio sente lei nell’esserlo. I get it le dico io. Mi dice che sì ok lei è inglese ma è Siciliana. Poi racconta come questa cosa la senta ancora di più quando viaggia, I totally get it le dico io. E di quanta gente incontra che l’aiuta in tutto il mondo una volta che si scoprono tutte e due Siciliani. E’ lo stesso per me le dico, vedi come ora, ogni volta che dico che sono Italiana ognuno ha una storia da raccontarmi. Sta per andare ma anche lei mi vuole assolutamente raccontare di quando allo stretto di Messina da Inglese era all’ingresso sbagliato al porto e da Siciliana le hanno aperto apposta e le hanno offerto il caffè. Prima di andarsene mi chiede come mi chiamo ‘Grazia’ ‘io Maria’. Sappiamo entrambe anche senza dirlo che facciamo coppia.

Nella mia esperienza di Italiana all’estero queste storie sono assolutamente all’ordine del giorno. Tutti noi che non viviamo in Italia possiamo raccontarne tantissime. Nonostante gli anni di Berlusconi, le malefatte di ogni tipo, le brutte figure in mondo visione, noi siamo accolti così. Sempre. E siamo amati così. Nella mia esperienza sempre.

La gioia negli occhi delle persone di queste storie è reale. Sarebbe bello trovare un teletrasporto che permettesse a tutti gli Italiani in Italia di provarla. E’ un’emozione che non ha confini. Perché le emozioni sono dentro di noi e viaggiano con noi in giro per il mondo. Non hanno passaporti o carte di identità. Dal momento che proviamo emozioni in quanto esseri umani non hanno un valore diverso se a provarle è un expat o un rifugiato.

(In quanto a melanzane, le più memorabili che abbia mai mangiato sono state un dessert al ristorante Del Posto a New York, dove le melanzane si chiamano eggplants, servite da Frankie, mentre Joe ci consigliava il vino ed era tutto cosi’ Italo-Americano che non mi sarei stupita se fosse passato di lì Robert De Niro)

Photo credit: the dessert menu from Del Posto’s current menu.

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